ALLA SCOPERTA DEL PROSCIUTTO CRUDO - II PARTE
Iniziamo con le prime prove di conservazione delle cosce e delle spalle del maiale. I contadini notavano quasi subito che la semplice salatura poteva dare ottimi risultati e credevano che, per ottimizzare la stagionatura, bastasse mantenere sempre il prodotto in grotte o in locali freschi ed umidi. Solo successivamente si accorsero che per poterlo conservare più a lungo, dopo la prima fase di conservazione, avrebbero dovuto esporlo all’aria fresca ed asciutta. Ci volle molto tempo, buon lavoro e tanta fortuna perché si riuscisse ad avere un risultato significativo che potesse esprimere caratteristiche simili al nostro prosciutto crudo e forse, senza queste semplici intuizioni, non avremmo potuto avere il prodotto che oggi noi conosciamo. Tale metodo di conservazione si diffuse velocemente su tutto il territorio ed i contadini, in riferimento al tipo di maiale, all’alimentazione ed al peso di macellazione da loro desiderato, riuscirono a praticarlo per molti anni in modo autonomo e locale. Ma fu nella pianura padana, soprattutto nelle provincie della bassa Lombardia ed in tutte le provincie Emiliane che, per cultura e per motivi ambientali favorevoli, si svilupparono grandi allevamenti di maiali e quindi, con molte più cosce da lavorare ; per la medesima ragione si dovettero cercare zone con caratteristiche ambientali adatte ad una stagionatura possibilmente più uniforme. Nella provincia di Parma, in una zona di prima collina, colma di flussi d’aria profumata di mare, si scoprì che la stagionatura del Prosciutto poteva dare ottimi e particolari risultati. La zona identificata, era definita dal paese di Langhirano e tutta l’area che lo circondava per alcuni chilometri, ma questa sarà la prossima storia che vi racconterò.