Un Panino per il Sig. Proust
I panini di Marcel Proust? E’ presto detto: venivano preparati per la merenda, per le gite e per lo sport. Nutrivano sempre in compagnia. Siamo a fine Ottocento, ma già si pratica il tennis, e d’estate le escursioni sulle scogliere normanne, con gli amici, prevedevano il paniere. Il sandwich di moda? Anglofilo, all’insalata e al formaggio chester. Marcel Proust lo giudica una novità da incolti, e preferisce “un gâteau au chocolat gothiquement historié de sucre ou une tarte à l’abricot" la pasta al cioccolato istoriata di zucchero o la crostatina all’albicocca. E’ una scelta femminea e poco sportiva, in sintonia con la sua indole e con una lunga storia infantile di biscotti, di madeleines e di panecioccolato. Céleste Albaret, la sua ultima governante, che ne ha ascoltato i ricordi, racconta il suo amore fanciullesco per una certa Jeanne Pouquet. Quando doveva incontrarla per andare al tennis, la mattina, per compiacerle portava dolci e di panini: “ce n’erano per tutti i gusti e di tutti i colori”. Una reminiscenza strana e contraddittoria perché il signor Proust, cinquantenne, non toccava più il pane.
"A l’ombre des jeunes filles en fleur", "A la recherche du temps perdu", Gallimard, 1988, II, p.250, 257;
Céleste Albaret, "Monsieur Proust, Souvenirs recueillis par Georges Belmont", Laffont, 1973, p. 222.