IL GRANA PADANO
Nel precedente intervento sul Parmigiano Reggiano, ho fatto notare che inizialmente, il prodotto delle terre d’Emilia, venne chiamato comunemente formaggio di Grana e ripartendo da qui vi spiegherò com’è nato il Grana Padano. Nell’Abbazia di Chiaravalle, costruita a sud della città di Milano, caposaldo di un area pianeggiante particolarmente rigogliosa che si sviluppava sino alle rive del fiume Po, era presente una comunità religiosa di frati Cistercensi e di frati Minori. Questi ultimi, assistendo per vocazione molte comunità contadine, si trovarono ad avere il loro medesimo problema, quello di conservare il latte prodotto in eccesso e quando vennero a conoscenza che i loro Fratelli della pianura Emiliana avevano scoperto un sistema efficace, lo fecero proprio e lo insegnarono ai contadini. Possiamo certamente immaginare che questo metodo produttivo, venne esteso a tutti i contadini dell’area Padana, per poi svilupparsi nella pianura Piemontese, Piacentina e Veneta e in tutte le fasce di media collina confinanti. Successivamente, considerando la vastità del territorio, non fu possibile controllare le attività produttive esercitate e quindi, nonostante si praticasse lo stesso metodo di lavorazione che prevedeva l’uso di latte derivato da comuni razze vaccine, nutrite con foraggi derivanti da territori simili ma non uguali per coltivazione e caratteristiche ambientali, non si riuscì ad avere un prodotto uniforme ed identitario. Questa è stata la differenza iniziale che definì la diversa qualità della produzione Padana e di quella Emiliana. Per questo, alcuni caseifici illuminati delle provincie Mantovana, Bresciana e Cremonese, curarono in modo particolare le loro produzioni ed il loro latte riuscendo ad avere un prodotto di alta qualità con il marchio di Grana Padano. Altre aree invece, quella Piacentina, Lodigiana e la regione Trentino vollero definire una loro produzione identitaria regolata da controlli severi ed efficaci, al fine di ottenere un marchio proprio. Questa precisazione non ha lo scopo di esaltare o dequalificare impropriamente le differenze dei due prodotti, ma serve solo a far comprendere le loro qualità di base e quindi, il loro diverso posizionamento di mercato.